Intervista a Francesca Testoni. Responsabile assistenza. A.G.E.O.P. RICERCA ONLUS

Elisabetta Modena: Che cos’è AGEOP e come nasce?

Francesca Testoni: AGEOP RICERCA ONLUS, Associazione Genitori Ematologia Oncologia Pediatrica, da oltre trent’anni accoglie e assiste i bambini malati di tumore e le loro famiglie, per migliorare le loro condizioni di vita e costruire un domani senza malattia.

Ha sede nel Reparto di Oncomatologia Pediatrica Lalla Seràgnoli del Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna e contribuisce alla crescita di questo centro d’eccellenza.

Realizza tanti progetti guidati da un unico obiettivo: che la cura non finisca con la terapia, ma assuma il volto più profondo del “prendersi cura”, in ogni momento.

AGEOP vuol dire:

Accoglienza 4 case di accoglienza gratuita, per piccoli e famiglie, per ridurre i tempi di ricovero e garantire la costante presenza dei genitori, dando loro la tranquillità, anche economica, per affrontare i mesi di terapia lontano da casa.

Genitori accompagnati giorno dopo giorno con un costante supporto specialistico, economico, logistico e umano.

Erogazione contratti per la Ricerca a 2 medici e a 5 ricercatori del laboratorio di Ricerca e Diagnostica del Reparto Oncoematologia Pediatrica. Acquisto di macchinari scientifici all’avanguardia.

Organizzazione di progetti terapeutici, di mediazione e laboratori creativi per piccoli pazienti e famiglie. Formazione di volontari qualificati.

Psicooncologia. Erogazione di contratti a psicologi, per un sostegno a bambini e famiglie durante la difficile esperienza oncologica.

La Storia

AGEOP è nata nel 1982 da un gruppo di genitori, incoraggiati dall’allora Direttore della Clinica Pediatrica, Prof. Guido Paolucci che aveva capito che i medici da soli non potevano sconfiggere il cancro.

Insieme cercavano un modo concreto per stare accanto ai propri figli ammalati di tumore e tutti quelli che si sarebbero trovati a vivere la stessa difficile e dolorosa situazione.

È iniziato così il cammino di AGEOP. Lo scopo era creare una rete attiva, accogliente e solidale che sostenesse il dolore e le profonde difficoltà che la malattia oncologica di un bambino porta con sé.

Nel 1985 ad AGEOP si è affiancata l’associazione “Ricerca sui tumori e leucemie del bambino”. Insieme si sono impegnate per dare sostegno ai piccoli pazienti e alle famiglie e sostenere la ricerca scientifica. La loro attività si è consolidata nel 1989 quando dalla loro unione è nata AGEOP RICERCA.

Nel 1993 AGEOP, già riconosciuta come organizzazione di volontariato, ha ottenuto la qualifica di ONLUS di Diritto.

Quando AGEOP si è costituita non esistevano neppure delle brandine su cui i genitori potessero dormire a fianco dei propri bambini ricoverati. Quella è stata la sua prima conquista. Sono poi arrivate le prime borse di studio per oncologi negli USA, le prime camere sterili, la scuola in reparto, l’assistenza psicooncologica, le case di accoglienza gratuita fino alla ristrutturazione del 4° e la costruzione del 5° piano della nuova Oncoematologia Pediatrica, che oggi rappresenta un polo d’eccellenza in Italia e all’estero.

 

E.M.: Nel 2004 - quando ancora non esisteva il reparto così come lo vediamo oggi al 4° e 5° piano del padiglione 13 del Policlinico Sant’Orsola – Malpighi di Bologna – viene elaborato il progetto oggi schedato su MoRE a cura di Roberto Daolio con il coinvolgimento di sette artisti di fama internazionale. Quali erano i presupposti culturali e sanitario/assistenziali alla base di una committenza di questo tipo?

F.T.: AGEOP sognava il nuovo reparto da anni, aveva idea di concepire un reparto bello per i bambini, i genitori e gli operatori, dove l’arte e la natura potessero spezzare la monotonia e il grigiore dell’ambiente ospedaliero.

 

E.M.: Da allora sono stati modificati i progetti del reparto - che ha assunto una fisionomia strutturale e architettonica diversa – così come le persone coinvolte all’epoca a livello dirigenziale: quali sono stati i motivi che hanno portato alla impossibilità di realizzare il progetto?

F.T.: Principalmente motivi igienico sanitari. Restrizioni sull’uso dei materiali, limitazione nella fruizione degli spazi all’aperto, sugli accessi di operatori.

Inoltre alcuni progetti erano stati pensati per la realizzazione in spazi precisi che poi sono stati completamente stravolti nella realizzazione finale.

 

E.M: Se pensassimo di realizzare oggi i progetti dei sette artisti coinvolti, quali problemi potremmo incontrare? Sarebbe possibile realizzarli se si trovassero i fondi?

F.T: Sarebbe praticamente impossibile realizzare quasi tutti i progetti. Soltanto il progetto di Emilio Fantin potrebbe essere ripreso e portare alla eventuale realizzazione di corsi di formazione o laboratori.

 

E.M.: Crede che questa rigidità della normativa odierna sia motivata solo da ragioni di ordine igienico sanitario o, come operatore del settore, vede anche un cambiamento culturale in atto in questo senso?

F.T: Sicuramente le regole ospedaliere si sono irrigidite e viene dato molto rilievo alla profilassi alle infezioni. Altrettanto certo è il cambiamento culturale in atto, non soltanto in ambiente sanitario bensì in tutta la società. La cultura tecnico scientifica ha il sopravvento su quella umanitaria ed artistica.

 

E.M.: Come si presenta oggi il reparto? Come sono arredate le stanze dei bambini e dei genitori?

F.T.: Le stanze sono arredate in maniera essenziale, in ogni stanza vi è il letto per il piccolo paziente, il comodino, un tavolinetto con una sedia. A disposizione del genitore una poltrona anatomica e un mobile con un letto estraibile per la notte.

 

E.M.: Quali progetti sarebbe oggi possibile e auspicabile realizzare per i bambini del reparto?

F.T: Progetti che favoriscano la liberazione dalla sofferenza e dall’ansia attraverso l’espressione artistica, o che formino volontari ed operatori a modalità relazionali con il bambino grazie a tecniche e materiali artistici.

 

E.M.: Che valore può avere l’arte  applicata a una condizione come questa secondo lei? Quali risultati valuterebbe per decretare il successo di un progetto artistico nel reparto?  

F.T: La sofferenza psicologica e il dolore fisico sono ineliminabili per il bambino, ma sono esprimibili, quindi estrinsecabili e superabili. La fruizione della bellezza come lenimento e nutrimento dell’animo umano e i processi creativi come possibilità di esternare le emozioni e i sentimenti sono le risorse che la musica, la pittura e la sperimentazione dei linguaggi artistici in generale, possono offrire in quanto anch’essi saperi fondamentali, i cui risultati, tra l’altro sono valutabili nei bambini con il gradimento emotivo.

 

E.M.: Cosa auspica in questo senso per il futuro?

F.T: Auspico una maggiore attenzione alla cura intesa come cura della persona, come rispetto della dignità e dell’integrità dell’essere nella sua complessità. Che ai bambini venga riconosciuto il diritto ad avere un rapporto con l’arte e la cultura come soggetti competenti e sensibili e non solo come passivi consumatori; Il riconoscimento della qualità della vita oltre che della vita. Che la cultura e l’arte sono essenza della vita e della sua qualità, anche e soprattutto, per i bambini.

Intervista a Francesca Testoni. Responsabile assistenza. A.G.E.O.P. RICERCA ONLUS